domenica 24 marzo 2013

Specchio specchio delle mie brame ...


" The mirror cracked from side to side; the curse is come upon me, crued the Lady of Shalott …"
- " Lo specchio s'incrinò da parte a parte; il fato ha deciso la mia sorte, di Shalott la Signora gridò  ... "  -
Alfred Lord Tennyson - The Lady of Shalott 

                    Uno specchio riflette : le nostre molte anime
riflette : la parte che neghiamo
 riflette : pensieri delittuosi
 
riflette: quello di noi che non vogliamo vedere
riflette: una speranza senza speranza
riflette: un' ossessione
riflette: qualcosa che non avremmo dovuto vedere
riflette : la disgregazione che viviamo
riflette: dei vampiri dietro di noi che non hanno riflesso,
riflette: la nostra paura, inconfessabile
 
riflette : la nostra inadeguatezza
riflette : una altra possibilità da vivere
riflette : un altro io così diverso, ma speculare
riflette : all'infinito un amore impossibile
 riflette : l'assassino che ci attende confondendosi
riflette : l'impossibile persecuzione
 riflette: la nostra morbosità
riflette: il moltiplicarsi del piacere del bello


 riflette : forse altri mondi in sè, alieni anche a noi stessi

domenica 17 marzo 2013

Auguste Rodin


Nella carnalità palpitante del marmo e del bronzo risiede la forza dell’arte di Rodin, ponte scultoreo tra il dramma esistenziale michelangiolesco e l’inquietudine espressiva moderna di fine Ottocento. Nelle sue opere l’umanità è esaltata nella sua essenza divina e terrena, non a caso sua fonte d’ispirazione per tutta la vita sarà la Divina Commedia dantesca, l’ordinato dilemma medievale dell’uomo rivive nel violento caos esistenziale romantico. Per esprimere valenze così lontane, l’ umanità è rappresentata nuda,  sofferente nella fisicità della tensione muscolare, possente, vera, inerme, abbandonata, estranea a certo idealismo, ma perennemente colta in un momento vibrante che sta per trasformarsi. Impressionismo ed espressionismo si coagulano nella sua materia viva. Così il Pensatore, suggerito da un Dante davanti al terribile sprofondo infernale della porta degli Inferi, diventa emblema di ogni riflessione di dolorosa consapevolezza umanistica del proprio solitario destino e della meditazione implosa e piena di pathos della creazione stessa. Il non finito michelangiolesco, trova qui il suo potente compendio espressivo. La passionalità artistica di Rodin, si fa tangibile nelle varie figure di amanti che ha scolpito, dove la pulsione amorosa e sensuale è fermata in un attimo ineluttabile. Un uomo si accosta per un  bacio inginocchiato, indifeso, le mani all’indietro, una resa al corpo femminile che sembra attenderlo ed accoglierlo, o il celebre Bacio, in cui la forte figura maschile, calma, prende lo slancio della donna che si protende in un dono appassionato attirando a se il compagno con una torsione dei corpi che non è fusione di essi, ma il momento prima che qualsiasi cosa accada. In questo cogliere la potenza di un gesto che sta per avvenire, ma è in potenza per l’eternità, che risiede il potere ammagliante di una fredda materia che si fa carne , sangue, passione e tensione di vivere.
Auguste Rodin : 
-"Il corpo è un calco su cui si imprimono le passioni"
-“Michelangelo mi liberò dall’accademismo"
 




-"L'artista deve creare una scintilla prima di poter accendere il fuoco e prima che l'arte nasca; l'artista deve essere pronto ad essere consumato dal fuoco della propria creazione."

-"La forma nuda dell'uomo non appartiene a nessun particolare momento nella storia; essa è eterna e può essere ammirata con gioia dalla gente di tutte le età.


Boccioni : le sculture di Rodin, “peccati michelangioleschi “


Camille Claudel, sua modella, musa, amante: "Ha una natura profondamente personale, che attira per la grazia ma respinge per il temperamento selvaggio."

domenica 10 marzo 2013

Rebecca, la prima moglie

 
« Sognai l'altra notte che ritornavo a Manderley ». Una  voce femminile fuori campo ci dice di un suo sogno in cui le riappare la dimora di Manderley, che noi intravediamo tra fronde notturne in rovina, e inizia così un lungo flashback dove una graziosa e timida ragazza, dama di compagnia di una ricca dispotica in vacanza a Montecarlo, distoglie forse da un tentativo di suicidio l’affascinante e triste Lord Maxim de Winter, che a sorpresa  le chiede di sposarlo e la porta con sé nel suo magnifico maniero  a Manderley, in Cornovaglia. Diventa così  la seconda moglie de Winter, ma mentre l’idillio con Max sembra una favola, è spaventata dall’importanza di Manderley, e soprattutto del ricordo di Rebecca, la prima moglie deceduta l’anno prima in un incidente in mare; ogni cosa all'interno della casa parla di lei, perfetta,  bellissima, imperatrice di ogni situazione, ammirata e amata, il confronto comincia a pesarle e a sentirsi un'intrusa, continuamente pervasa da un senso di frustrazione e d'inferiorità nei confronti di Rebecca. Alimenta il mito della padrona, la tetra  e inappuntabile governante: la Signora Danvers, chiusa nella sua ossessione feticista nel ricordo della defunta. L’ambiente riporta Max ai suoi fantasmi, allontanandolo dalla giovane moglie,  non comprendendo le sue paure d’inadeguatezza.  Facendo leva su questo, la Danvers suggerisce una festa in costume, come ai bei tempi e  la induce a scegliere un abito di un antenata di Max , ma fu un idea usata da  Rebecca, e il paragone è impietoso, la giovane è umiliata e lei cerca di spingerla a suicidarsi. Ma proprio quella sera viene ritrovato il panfilo su cui Rebecca scomparve. Max racconta alla moglie che fu lui ad ucciderla, che non lo aveva mai amato, solo voluto il potere del suo titolo, gli era infedele e durante un litigio,  gli rivelava di portare un figlio non suo. Scoprire  che il marito odiava Rebecca e che il loro matrimonio in apparenza perfetto, celava un rapporto fatto di odio e che ama proprio lei perché così diversa, trasforma definitivamente la giovane che adesso che conosce la verità può aiutarlo, difenderlo essergli accanto.  Al processo contro di lui, verrà a galla l’ultima verità che scagionerà Max, Rebecca non era incinta, ma all’ultimo stadio di un cancro mortale, lo ha spinto a ucciderla come ultima cattiveria, ma questo non appare in tribunale. Alla signora Danvers non resta che un'ultima, disperata follia incendiando la stanza di Rebecca perché nessuno la profani mai, e muore nel fuoco che distrugge per sempre il castello di Manderley. Ecco il maestoso rudere tra le fronde tornate selvatiche del sogno d’apertura.  La favola di Cenerentola si trasforma nell’incubo orrorifico di una giovane donna straziata dal suo amore e alla ricerca della sua identità. Su cui incombe il fantasma di una  morta, considerata da tutti bellissima e dalla personalità dominante, un nome scolpito, ma senza volto , che ossessiona la protagonista, che per contrasto non ha un nome, solo il suo amore e la sua tenacia. Un donna che inizia il suo percorso come una goffa e ingenua ragazza senza nome, vive l’angoscia di non essere amata e non avere un ruolo, ma lentamente acquisisce autonomia con la volontà di voler capire e aiutare l’uomo che ama, e la consapevolezza di essere veramente amata, la renderà una donna decisa e coraggiosa.  Un film ipnotico, che si trasforma scena dopo scena, una storia romantica diventa un incubo dai risvolti polizieschi, una morta che imperversa nelle vite dei vivi terrorizzandoli con il solo suo nome, che sembra una creatura perfetta mentre è l’essenza della crudeltà, verità che cambiano di continuo strada modificando il punto di vista dello spettatore che è totalmente identificato con la voce della seconda Signora de Winter, esatta contrapposizione di Rebecca. La figura archetipa per un melò, di   un uomo elegante, desiderabile, ma misterioso, melanconico, complesso, tormentato dal passato. L’essenza della perfidia in una delle cattive più indimenticabili del cinema : la governante Danvers, buia, gelida, terrificante, una costante folle minaccia che sembra muoversi senza camminare, il cui viso rigido e ossessionato sembra lo specchio deformato della bellezza seduttiva e diabolica di Rebecca. E su tutto l’incombere della sontuosa Manderley, un castello da favola nera,  "segreto e silenzioso" scrive la Du Maurier, su cui passa una nube come "una mano scura davanti a un volto",  già esso stesso parte di ogni ossessione.  Hitchcock ebbe a dichiarare: «il film è la storia di una casa; si può dire che la casa è uno dei  personaggi principali del film». E lui sa mostrarcela in tutto il suo malsano fascino tra  numerosi acquazzoni e nebbie evanescenti,  le sue luci e  le sue ombre  che si stagliano sui protagonisti,  lasciandoli un ambiguità perenne di luce accecante e profondo buio.  
 

 
La seconda signora de Winter: "Tutte le volte che mi toccavi sapevo che facevi un confronto con Rebecca, tutte le volte che mi guardavi, mi parlavi o camminavi con me nel parco so che cosa pensavi: - Questo l'ho fatto con Rebecca, e questo, e questo, non è vero?" -         Maxim de Winter: " Credevi che io amassi Rebecca? Hai creduto questo? Io l'odiavo! "
Max de Winter : “come si può non essere pazzi quando si vive con il diavolo?”