domenica 25 settembre 2011

Riccardo III

« Ormai l’inverno del nostro scontento s’è fatto estate sfolgorante ai raggi di questo sole di York » . Ecco Riccardo, Duca di York , deforme nel fisico e nell'animo che si presenta elogiando il fratello Edoardo ( Sun per son – sole per figlio ) per cui ha tramato per farlo salire al trono, mentre svela la sua invidia livida per non essere lui a regnare sull'Inghilterra, non ancora. Lui malnato terzogenito e storpio, con intelligente malvagità oculata, sa che una mente brillante può vincere ogni limite, l'estensione maligna della sua mente può superare l'orrore del suo aspetto :« plasmato da rozzi stampi e deforme, privo della minima attrattiva per far lo sdilinquito bellimbusto davanti all’ancheggiar d’una ninfa". » « Ho deciso di fare il delinquente e odiare gli oziosi passatempi di questa nostra età » . Incompiuto fisicamente, la sua forza di volontà può invece fargli vincere anche la storia e riscriverla. Deve eliminare due fratelli per farlo, non è un problema, deve conquistare Lady Anna, la giovane vedova del nemico .... « Sì, le ho ucciso marito e padre, ma che importa? ». E vi riuscirà . Compie nefandezze di ogni sorta, ma il suo fare devoto e modesto, il suo apsetto insospettabile lo rende immune da ogni sospetto. Anzi agli occhi della corte , del popolo e anche ai nostri di spetattori egli diviene un affascinante “eroe”, diviene il Re : « Io mi sono ingannato fino ad oggi sopra la mia figura; s'ella mi trova, al contrario di me, un uomo di straordinario fascino. M'accollerò, costi quel che costi, la spesa d'uno specchio ». Ma troppi crimini commette, l'oscurità che ha versato , lo va ricoprendo iniziando a perdere appoggi, e fede in se stesso con incubi in cui il delitto stesso va a fargli visita sottoforma dei fantasmi delle persone che ha ucciso, gridanti « Dispera e muori! » . Perchè l'arte, anche quella dell'assassinio, per essere capolavoro deve conoscere il senso dell'ultimo tocco. Cadrà sotto I colpi del conte di Richmond, Enrico VII d'Inghilterra nella battaglia di Bosworth Field, liberando il mondo dal suo male, e lasciandolo sulla piana solo, sconfitto, umiliato per sempre, gridando prima di cadere con l'ultimo anelito alla vita che ha oltraggiato in ogni modo : "Un cavallo, un cavallo, il mio regno per un cavallo! ". Laurence Olivier diventa con pochi tocchi di trucco spressionista, un uomo orribile in ogni senso, deforma il corpo ed esalta il magnetismo diabolicamente suadente, Shakespeare ha compreso da grande sceneggiatore che il cattivo per eccelenza è si crudele oltre ogni paura, ma deve possedere un  fascino che ipnotizza, e Sir Olivier sa incarnare questo dualismo stregandoci ad ogni passo, anche se ogni passo ci porta verso l'inferno. 

domenica 18 settembre 2011

Walter Bonatti

Quando un mito ti accompagna sin dall’infanzia, è duro dirgli addio : non era un cantante rock o un divo del cinema il mio mito, ma un uomo qualsiasi che in modo speciale ha saputo vivere il suo sogno e farne sostanza ai nostri sogni. Walter Bonatti, alpinista moderno di stampo antico, esploratore, reporter, scrittore e fotografo. Mio padre da bimba mi aveva dato da “guardare” le immagini della rivista Epoca, mi appassionavo a tutte quelle foto di viaggi incredibili ai confini del mondo, passando dal vulcano Krakaoa a villaggi fantasma del Canada Ottocentesco, tra leoni marini e tigri indomabili, e poi mi raccontava di quando gli aveva stretto la mano di ritono dall’impresa del K2, con un emozione rara, di chi ha vissuto avventure impossibili nella vita quotidiana grazie a quest’uomo coraggioso, perché sempre consapevole della paura e dei limiti umani. Un personaggio Bonatti che ha cavalcato la storia dell’avventura dalle vette più impervie agli orizzonti più lontani. L’alpinista che a 21 anni vince la sfida con il Grand Capucin, ma l’emozione della gioa del trionfo uccide sua madre. La vittoria su Lavaredo e Cervino, lo portano ad essere uno della squadra per la conquista del K2, già il K2 un punto di non ritorno nella sua vita, l’impresa della vita, il suo incubo peggiore. Il capo spedizione Desio più un burocrate che uno sportivo, non vuole rivali in carisma e non convoca il grande Riccardo Cassin, e cerca di limitare le ambizioni del giovane Walter, e che liquiderà tutto con l’inesperienza di un giovane quando nella sera del 30 luglio 1954 Bonatti giunge come d’accordo con i compagni scendendo dalla base 8 alla settima e portando dalla 8 alla 9 le bombole d’ossigeno per l’ultimo assalto, ma i partners non ci sono, senza avvertire nessuno sono saliti ancora di 250° metri, lui e il pakistano Mahadi li chiamano invano, solo quando sta per giungere una bufera una voce dice di lasciare le bombole e andarsene, ma come mentre la tempesta imperversa ? Walter scaverà una buca nella roccia affrontano una notte terribile a -50 gradi a 8.100 metri, senza tenda o altro, picconando gli arti per non farli congelare, oltre ogni possibilità di salvezza : “Quella notte sul K2, io dovevo morire. Il fatto che sia invece sopravvissuto è dipeso soltanto da me. “ ( Bonatti, “Le mie montagne”). Tornano al campo mentre Lacedelli e Compagnoni conquistano la vetta, al ritorno non solo non si giustificano dell’accaduto assurdo, ma lo accusano di non aver portato le bombole per sabotare il loro successo. Bonatti combatterà questa accusa ingiusta per 50 anni, un caso tipicamente all’italiana, dove anche una vittoria di risonanza internazionale diventa una farsa indegna, solo nel 93’ un medico australiano appassionato di alpinismo, scova delle foto su una rivista inglese in cui si vede benissimo che Lacedelli e Compagnoni hanno addosso bombole e maschera d’ossigeno. Hanno mentito ! Passeranno ancora più di 10 anni perché la federazione italiana ristabilisca la verità, riconoscendo che Bonatti ha compiuto un impresa impossibile per aiutare la spedizione che senza di lui sarebbe fallita. Lo segnerà per sempre questa ingiustizia, da ora sarà quasi sempre un lupo solitario in ogni impresa, un uomo contro, che riconosce come principale autorità la sua dignità morale. Quasi per rivalsa e dimostrazione di valore affronterà vie impossibili al petit Dru, Cerro Torre,Bianco in inverno, vincendo ogni ostacolo, segnando nuove vie , innovando il modo di affrontare la montagna e il rispetto verso la natura, la consapevolezza che la sfida è vera se ad armi pari, non fatta dalla tecnologia di un alpinismo moderno troppo facile e facilone. Con il capolavoro del Cervino con la nuova via nord, chiude a 35 anni in pieno appeal mediatico con l’alpinismo agonistico. Si reinventa come ’esploratore per terre sconosciute, da reporter con carta bianca che racconta dalle pagine di Epoca che per anni pubblica i suoi straordinari reportage in giro per il mondo, in terre vergini, tra gelo, caldo, foreste ,deserti, vette, abissi, luoghi desolati e impervi, bellissimi e terribili, tra animali selvaggi e uomini che vivono vite completamente diverse. Di questi luoghi Walter scrive articoli e libri e soprattutto racconta attraverso l’emozionanti fotografie. Sono quelle immagini con cui sono cresciuta, che mi hanno fatto amare l’avventura, anche se solo con la fantasia, capire che essa è anche dietro l’angolo, basta avere occhi e mente aperta per riceverla, che mi hanno avvicinata alla figura di quest’uomo che negli anni non mi ha delusa, non ha sminuito l’ammirazione che avevo per lui, che ha saputo trasmettere sempre l’entusiasmo di vivere ogni giorno cercando di realizzare il proprio sogno…. cercare è già trovare. “La felicità è sapere che si è realizzati i propri sogni”. Bonatti, in un incontro col pubblico al Salone del Libro di Torino del 2010
"Le grande montagne hanno il valore degli uomini che le salgono, altrimenti non sarebbero altro che un cumulo di sassi. "Kurt Diemberger: il mio incontro con Walter, nella tempesta"

-Abbandonare le false sicurezze per - «Quella che maturi dentro te stesso con l’esperienza, con la volontà, con la costanza, con la determinazione, con la coerenza. Se riesci a mettere insieme queste cose, ci arrivi. La sicurezza è la responsabilità che prendi verso te stesso! E quello che accade è che cresci: il vero risultato è la crescita dentro di te». Walter Bonatti

Bonatti è stato anche protagonista di una bellissima storia d'amore :
http://felinita.blogspot.com/2009/11/una-grande-storia-damore-e-avventura.html

Questo post è la dedica a due uomini  per bene, che non hanno accettato compromessi facili, ma accettate le lotte che questa scelta comportava : questo post è per Walter Bonatti che ci ha lasciati pochi giorni fa, e per mio padre che invece oggi compie 85 anni. Un bacio ad entrambi i miei eroi.

domenica 11 settembre 2011

Bernini ... ancora .... ancora ...

Bernini …. Pensare che le meraviglie di Galleria Borghese sono solo una minima parte di ciò che la sua fervida mente ha concepito e realizzato, e in ogni campo. Scultore, oltre ad incredibili busti- ritratti di incredibile vita psicologica, crea la rappresentazione teatrale dell’estasi carnale, sensuale di Sante appassionate dove l’ardore spirituale si fa innamoramento fisico di Dio, tangibile nell’agitazione delle vesti stesse e nella proverbiale morbidezza delle carni, come nella beata Ludovica Albertoni e in Estasi di Santa Teresa d’Avila. Restauratore ante litteram, sarebbe contro ogni regola sacra moderna della filologia farlo, ma lui opera su statue antiche come per l’Ares Ludovisi a cui ricostruisce delle parti in modo visibile o come per l’ermafrodito di casa Borghese a cui crea un materasso e un velaggio marmoreo. Arredatore urbano con Angeli sul Ponte di Castel S’Angelo e fontane splendide il Tritone, le due di Piazza Navona, la Barcaccia di Piazza di Spagna, e molte altre che arrichiscono il paesaggio di Roma. Arredatore d’interni con invenzioni ingegnose come il fantasioso Baldacchino con colonne tortili bronzee di San Pietro. Costruttore di monumenti funebri come l’affascinante gruppo con per Papa Alessandro VII o di Urbano VIII, marmi policromi ricchi di elementi e simbologie. Infine architetto, moltissimi i palazzi come Montecitorio, le capelle, la Scala Regia, le chiese da lui costruite, ma su tutto l’intuizione geniale del colonnato di Piazza San Pietro. Aveva già elaborato l’effetto sorpresa progettando lo spazio di Fontana de Trevi, poi terminato tempo dopo, con l'intuizione che da viuzze improvvisamente si aprisse la visione di quello spazio con acque e sculture, qui ( effetto ora ridimensionato da Via della Conciliazione), uscendo da casupole e stradine aprirsi all’abbraccio immenso di questa moltitudine di colonne a doppia fila visivamente mobilissime, che accoglie l’umanità intera. Si ,  Bernini … ancora ….. ancora ……

domenica 4 settembre 2011

Bernini a Galleria Borghese

                     
Tra le molte meraviglie di Galleria Borghese a Roma, vi sono una serie di sculture di Gian Lorenzo Bernini : il ritratto del Cardinale Scipione Borghese commitente mecenate, la Verità, Enea e Anchise, e  altre picole sculture, tutte notevoli, ma sopratutto vi sono tre opere in cui il marmo si fa carne, la pietra movimento, le figure statuarie si modificano continuamente sotto i nostri occhi .
 
Così il David non è un immobile giovinetto pensoso, o l'eroe composto fissato in un gesto biblico come per Donatello o Michelangelo, ma un giovane uomo colto nell'attimo dello sforzo del lancio, il volto contratto e  conscio del momento, il corpo pronto al movimento volitivo. Almeno 4 sono i punti di vista di questa statua che sembra animarsi nel plastico materializzarsi della spirale energica del corpo nel culmine dell'azione.
 
E poi il volo della fanciulla sollevata dalle braccia di Plutone, nel Ratto di Proserpina, un gruppo marmoreo incredibile, la forza di lui, le lacrime di supplica sul volto di lei che seguono il vento che travolge vita e chiome, le mani del Dio degli Inferi che affondano nelle carni morbide della ragazza. Unico punto fermo Cerbero, il cane guardiano infernale, però le  sue tre teste sguardano su tre fronti differenti. La bellezza di questa composizione tocca sensi e anima, impossibile staccare lo sguardo dal dramma in scena, impossibile non perdersi nei dettagli, impossibile non muoversi attorno ad essa per ammirarla sconvolti dall'impossibilità che del freddo marmo bianco sia un fuoco di emozioni diverse.


Infine la corsa folle di Apollo, sempre bellissima divinità intoccabile, che dinanzi  ai suoi occhi è costretto ad assistere imponente alla trasformazione della ribelle Dafne, la bella ninfa  fuggendo terrorizzata ottiene di trasformarsi in alloro, mentre il dio innamorato la sta per raggiungere inutilmente. Mai un' opera di scultura ha realizzato il puro movimento, una fuga infinita, dove i protagonisti quasi non toccano terra, leggeri in modo naturale nell'ambienete circostante, mentre gli arti di lei già sono divenuti corteccia e foglie. La tragedia del piacere effimero resa con un'armonia elegante anche nella messa inscena drammatica, che si anima delicatamente in frammenti di luce e ombra che si fondono con lo spazio. La metamorfosi del mito rispecchia quella della materia che diviene carne, pianta, aria, luce nelle mani del Bernini. 
 
Per Bernini  le difficoltà della creazione erano fondamentali perchè  :
« Chi vuol sapere quel che un uomo sa bisogna metterlo in necessità. »