domenica 27 marzo 2011

Gran Torino

Basta poco a Estwood per fare un grande film, un personaggio scomodo, un conflitto, una nazione, e qualche ossessione, il tutto reso magistralmente per coerenza, coraggio delle idee, umanità e senso dell'ironia. L'antieroe a cui da la maschera è Walt Kowalsky è un vecchio ex operaio della Ford , già ex reduce di Corea, che rimasto vedovo si accorge di essere solo malgrado figli, nipoti,in una grande città come Detroit. Il suo giardino è l'ultimo avamposto all'avanzare degli invasori : ispanici, musi gialli e quant'altro. La solitudine di Walt si radica ogni giorno di più disgustato dall'inettitudine dei familiari e dalla violenza intorno a se. Passa le sue giornate seduto in veranda, bevendo qualche birra con il suo cane, e ammirando la sua splendida Ford Gran Torino del '72. La sua durezza si fa razzismo difensivo, che amalgama nella diffidenza tutti, ma le cose cambiano prospettiva , quando difendendoli da dei soprusi , “ subisce “ la presenza dei due giovani vicini riconoscenti suo malgrado, una famiglia di profughi Hmong, lentamente forse ricorda che uno che si chiama Kowalsky non è proprio un americano nativo. La sua ultima frontiera vacilla difronte ad affetto , persone da antichi valori, una nuova comunicazione umana. Solo la violenza invece non conosce bandiere e redenzione, esplode sui fratelli Lor, e per salvarli s' imolerà facendosi uccidere dai violenti del quartiere, che credendolo armato , come suo solito, gli sparano davanti al vicinato , il vecchio Walt è riuscito a farli arrestare definitivamente. Resterà la dignità della sua amicizia ai due giovani oltre la mitica Gran Torino, simbolo di ciò che racchiude in sé il valore di ciò che è ben fatto dura nel tempo. Walt non cambia in fondo, il politicamente corretto ed etica forse non sempre vanno d'accordo, però lentamente ritrova in se oltre ad un senso morale alto, un'umanità in cui più non credeva, siamo ancora con il cavaliere pallido, con Callaghan e le loro visioni ferree della vita, ma invecchiati con nuove disillusioni, purtroppo la violenza è la stessa da combattere e il problema d'integrasi accettarsi tra esseri umani. Ecco la che alla luce di uno scopo, di uno scambio di valori anche la morte con cui il film inizia e finisce , diventa un 'idea con cui riconciliarsi. Walt Kowalski : "Avete mai fatto caso che ogni tanto si incontra qualcuno che non va fatto incazzare? [sputo]... Quello sono io. Qualsiasi cosa farò loro saranno spacciati. "- - Henry Ford per l'ammirazione che aveva per la produzione torinese chiamò Gran Torino una delle sue auto più prestigiose : «Ogni volta che vedo passare un' Alfa Romeo mi tolgo il cappello»

domenica 20 marzo 2011

Il Gattopardo

Nella sua Villa circondato dalla numerosa famiglia , dai servitori e dal fedele cane, l'imponente Principe Fabrizio di Salina apprende dello sbarco di Garibaldi con le sue mille camicie rosse. Sa che il suo mondo di nobiltà e privilegi consolidati è agli sgoccioli, il nuovo avanza insieme alla rivoluzione , ma porta veramente libertà e benessere per tutti ? Lui, uomo d'antico lignaggio e figlio di una terra millenaria ne dubita, tutto si modificherà nella forma , ma non la sostanza. Eppure una ventata di energia, di entusiasmo , di passione spazza l'aria rarefatta delle stanze ombreggiate del palazzo, coinvolgendolo suo malgrado con la sfacciataggine simpatica dell'amato nipote Tancredi, infervorato garibaldino, pronto però a ricoprire un ruolo di prestigio nel nuovo ordine del governo piemontese, che perfeziona il suo piano impalmando la bellissima e selvaggia Angelica, si irresistibilmente attraente, ma casualmente pure figlia di un volgare borghese arricchito che sarà un appoggio economico ideale alle sue ambizioni. Sua la frase diventata simbolo eloquente di una concezione politica squallida, ma sempre attuale : Cambiare tutto perché niente cambi. La festa che sancisce il matrimonio tra aristocrazia e nuova borghesia rampante è il passaggio emblematico di un epoca. Il Principe sa che non è più tempo per lui : - Noi fummo i gattopardi, i leoni. Chi ci sostituirà saranno gli sciacalli, le iene. E tutti quanti, gattopardi, leoni, sciacalli e pecore, continueremo a crederci il sale della terra- . Una sensazione di morte sfiora ogni cosa , ma è una sensazione naturale, a cui Fabrizio non vuole opporsi, sa che non è possibile, il nuovo avanza e il vecchio sfiorisce e perisce. Il suo tempo è finito, ma il suo fascino resta intatto , come si accorge Angelica ballando con lui, sa d'istinto che fossero coetanei tra lui e suo nipote lei non avrebbe dubbi, una donna ferina riconosce a pelle un vero Gattopardo. Il film di Visconti è un grandissimo esempio di trasposizione da un romanzo, di cura maniacale per la realizzazione di un'epoca,
di un taglio personale rispetto al testo di origine ( il ballo da un capitolo diventa un terzo di un film lunghissimo, è eliminata la figura simbolo del cane del Principe, ridotta l'essenza di Concetta, modificato il finale radicalmente, con una conclusione visiva che chiuda il ballo con quella sensazione di addio).Un film amatissimo da molti registi , sopratutto d'oltreoceano, un Kolossal cosa rara per la cinematografia italiana, un omaggio ad un momento storico che è il fondamento nel bene e nel male del nostro oggi. Ma la sintesi ricchissima delle pagine di Lampedusa , la struggente sensualità fatta di carne e di morte, il senso del tempo e della storia, si perde nell'estetica estenuante , anche se affascinante , del regista , aristocratico anch'egli , ma di stirpe lombarda.