domenica 26 gennaio 2014

Tutti i Vermeer a New York

Un broker dedito ogni giorno a soldi e numeri, si rilassa  Metropolitan Museum ad ammirare i dipinti di Vermeer. Qui un giorno vede Anna,  una ragazza francese che gli ricorda uno dei dipinti, cerca di conoscerla mettendfole in mano un bigliettino, lei gli dà un improbabile  appuntamento in un caffe' dell' Waterfront, con amica di lei  per poter fingere di non parlare inglese, ma la cosa si trasforma rapidamente in qualcosa di impegnativo. Lui si dichiara esausto di spiare "dove andranno i numeri", desidera la bellezza esistenziale che intravvede nella grande pittura. Lei, invece gli chiede i soldi necessari per tornare in Francia,  trova però una chiamata  in segreteria in cui le dichiara il suo amore, ma anche se si precipita pentita al museo scopre  che ormai lui è morto improvvisamente per un emorragia cerebrale mentre la chiamava. Anna sconvolta resta al museo davanti al quadro con la fanciulla che le assomiglia, e che guarda a noi infinitamente. Un piccolo film che silenziosamente riflette su vita, amore, morte, arte, fatto quasi d’improvvisazioni, ma nascondendo fili colti al suo interno ( Cecov ; Proust )  che s’intrecciano per un attimo impalpabile come i due protagonisti travolti dal ritmo jazz della Grande Mela e avvolti dalla tenue luce naturale di Vermeer e del destino.


Giorni fa la mia amica Alessandra mi ha dato dei ritagli di giornale su tanti films che aveva conservato  suo padre Nanni. Guardando i titoli, mi ha commossa la vicinanza di interessi per un cinema a volte veramente di nicchia, o strano, particolare, inconsueto. E’ stato  bello ritrovare questa vicinanza in qualcuno che ho conosciuto per pochissimo, ma che mi ha lasciato il bene di un amicizia profonda. Uno di quei rari titoli era  “Tutti i Vermeer a New York”, di cui non trovavo mai le foto, oggi per "strano caso" ho recuperato invece delle immagini e posso dedicarglielo. Oggi è il compleanno del Nanni ed è  anche il giorno in cui se ne andato.

domenica 12 gennaio 2014

Edvard Munch


Munch conosce l’angoscia e ne esplora l’essenza specie nei suoi aspetti antiborghesi di morte onnipresente, amore tortuoso che rischia di essere perdita di sè,  e sessualità tormentata; tramuta in colore e segni ciò che dentro ognuno di noi si nasconde, sino a quell’ urlo dell’anima che stravolge la realtà intorno e fa tremare ogni cosa esterna a noi come già trema all’ interno. Il mondo prosegue indifferente , ma l’Arte sa renderlo palpabile e visibile. In Munc impressionismo,  simbolismo,  naturalismo, coesistono e vengono superati correndo verso l’anarchia dell’espressionismo ma senza aderirvi, restando ai margini di tutto, vagabondando tra sensazioni e stili tecnico-artistici. Soffrendo vita e creazione, le sue crisi nervose sono specchio di quelle dell’uomo moderno che affronta, o teme,  l' inconscio e guarda dentro di sé con terrore. Amo moltissimo il suo essere al di fuori di qualsiasi corrente, di qualsiasi teoria, di qualsiasi tecnica, ma riuscendo ad accoglierle ristrutturandole in modo nuovo. Questa mostra genovese ha riattraversato  uomo e opera seguendone il percorso, eludendo le cose più note , portando cose di collezioni private, con uno sguardo originale su le diverse tappe, con le diverse operazioni tecniche usate e i momenti meno conosciuti del suo fare e della sua vita. E chiudendo con l’eredità lasciata in artisti  lontani ma in empatia  nel saper guardare la realtà e l’io, senza sovrastrutture e destrutturando gli strati di un comune sentire omologante, come nel caso della rilettura fatta da Andy Warhol che chiude questo viaggio nell’ opera di un artista, ma soprattutto nelle viscere ancestrali e intime dell’essere umano. 


 
"Una sera passeggiavo per un sentiero, da una parte stava la città e sotto di me il fiordo  -il sole stava tramontando-  le nuvole erano tinte di un rosso sangue. Sentii un urlo attraversare la natura:  mi sembrò quasi di udirlo. Dipinsi le nuvole come sangue vero. I colori stavano urlando. "

…si dipingeranno esseri viventi che respirano e sentono, soffrono e amano. Sento che lo farò, che sarà facile. Bisogna che la carne prenda forma e che i colori vivano.

Senza paura e malattia la mia vita sarebbe una barca senza remi.

Dopo aver acceso la lampada vedo improvvisamente la mia ombra enorme che va dalla parete al soffitto. E nel grande specchio sopra la stufa vedo me stesso, il mio stesso volto spettrale. E vivo con i morti, con mia madre, mia sorella, mio nonno e mio padre, soprattutto con lui. Tutti i ricordi, le più piccole cose, vengono alla superficie.

L'arte si nutre del sangue dell'artista.

Dal mio corpo in putrefazione cresceranno dei fiori e io sarò dentro di loro: questa è l'eternità.