sabato 24 aprile 2010

Arnold Böcklin

Una strana isola rocciosa , "L'isola dei morti", con un bosco buio di cipressi e segni architettonici, in mezzo ad acque d'onde tranquille e scure, senza luce lunare. Una barca con un rematore, con una alta figura in piedi avvolta nel bianco, con davanti a una bara anch'essa bianca con festoni. C'è il silenzio di un rituale arcaico, dall'atmosfera ipnoticamente misteriosa. Un luogo dove approdare, da cui forse non si può uscire, luogo spettrale, dove l'unico movimento è quello della barca. Böcklin, non ha mai svelato un unico significato di quest'opera, e neppure un unico titolo, per lui : "un'immagine onirica: deve produrre un tale silenzio che il bussare alla porta dovrebbe fare paura". Quest'opera che ha suscitato entusiasmi nei simbolisti, surrealisti, metafisici, in D'Annunzio, Freud, Hitler, Jung, Lenin. Una ricca vedova affascinata ne volle una copia, sarà la prima di altre 4. Böcklin le scrisse : " Lei vi si immergerà sognando, in questo oscuro mondo di ombre, fino a credere di aver sentito il soffio lieve che increspa la superficie del mare, fino a voler distruggere il solenne silenzio con una parola detta ad alta voce". A cosa assistiamo ,ad un funerale, un rito di morte ? che luogo è l'isola, chi è la figura bianca? un traghettatore nel mondo degli inferi, l'anima del defunto, uno spettro, ma fa ombra,...... Nessuna risposta solo l'emozione del guardare un immagine silente. La sua arte avrà sempre questa magia di sogno, o di incubo, perché attinge a simboli, allegorie, mitologia, tra architetture classiche e paesaggi romantici, creando mondi incredibili, d'una antichità senza tempo, oscuri, misteriosi, suggestivi, con personaggi onirici, e mitologici tra centauri,ninfe,naiadi. Forse la verità più profonda in queste opere è la bellezza che suscita sensazioni, come ammaliante unica difesa alla morte.

domenica 18 aprile 2010

Psycho

Marion in un disperato tentativo di cambiare vita per amore, sottrae un ingente somma,ma fuggendo capita nel Motel del giovane Norman Bates,dove viene trucidata nella doccia da una misteriosa figura femminile. Norman è uno psicopatico dalla doppia personalità, che tiene imbalsamata, come i suoi uccelli, la madre dispotica avvelenata anni prima,e che per un malsano senso di colpa la fa rivivere all'interno della sua personalità scissa,lei ha compiuto vari delitti, e lei avrà il totale sopravvento finale. Una trama thriller semplice per un film contortissimo, come contorta è la psiche umana. Marion è innamorata ed infelice senza quei maledetti soldi che potrebbero rendere possibile stare insieme all'amante, non è cattiva, ma ruba, inganna,si pente, vuole tornare, sa che per cercare una via d'uscita verso la libertà si è messa in una trappola peggiore, ma impatta in un'altra solitudine disperata nel quasi acronimo Norman, la cui apparenza gentile, dimessa, nervosa, insicura nasconde traumi, nevrosi, manie omicide e crisi della personalità complesse. Hitch gioca come non mai con le nostre paure e le nostre ossessioni: parteggiamo per la Marion che ama, la giudichiamo nel furto, simpatizziamo con il timido ragazzo, ci consola sapere che lei è pentita, ci sconvolge l'omicidio brutale, ma apprezziamo la cura nel ripulire la scena del crimine, e in fondo vogliamo che quella macchina finisca del tutto nella palude che la inghiotta definitivamente. Non possiamo che impietosirci per la sua mente sconvolta, anche se egli ci sorride nel finale con un sorriso satanico sovrapposto al teschio della madre uccisa, ormai fagocitante ogni sua volontà. Ma soprattutto gioca con gli schemi cinematografici,grande visione cittadina,un ora precisa di un intorpidito pomeriggio qualunque, ed ecco in una stanza due amanti, senza allusioni, lo sono e hanno appena fatto l'amore, lui a torso nudo, lei con un reggiseno bianco abbacinante nella penombra della stanza, la censura è servita,la tentazione fisica si fa tentazione del denaro,mai prima si erano visti un gabinetto, una morta nuda e distorta,(e per di più una star che viene eliminata ad un terzo del film ), un'altra decomposta,un serial killer dai modi gentili e carino, del travestitismo sadico, del sesso, del sangue, l'impossibilità di vivere la famiglia, di vivere la propria sessualità, di vivere. Il b/n permetteva di fare un film senza lo shock del rosso del sangue, ma invece ha accentuato la drastica composizione schizofrenica come il colore non sarebbe stato in grado di rendere. Ha smontato qualunque criterio visivo cinematografico: basta la scena della doccia: non vediamo neppure il coltello nella carne, ma il ritmo delle inquadrature, l'insieme di quei secondi, i particolari, la musica secca ed ossessiva di Herrmann lo rendono il delitto più impressionante della storia del cinema,il nostro sguardo voyeur al pari di quello di Bates si fissa in quello di Marion morta, dove il tondo pozzo scuro dello scolo dell'acqua diventa il vuoto buio della pupilla di un corpo prima desiderabile, ora ormai scomposto cadavere. La paura in noi è quello sguardo specchio delle nostre possibili perversioni, devianze, orrori.
Norman: Il mio hobby è impagliare animali...... Marion: Un uomo deve avere un hobby.Norman: Beh... è più di un hobby. Un hobby serve solo a far passare il tempo. Non a riempirlo......Marion: Non uscite mai con qualche amico? Norman: II miglior amico è la propria madre. Voi non avete mai avuto un momento vuoto in tutta la vostra vita ?Marion: Oh sì, la mia parte.Norman: Dove siete diretta? (Pausa) Non volevo essere indiscreto. Marion: Sto cercando una mia isola del sogno.Norman: A che cosa volete sfuggire? Marion: Perché questa domanda? Norman: No, non si può sfuggire a niente. (Guardando fuori) È tornato il sereno. Sapete cosa penso? Che ognuno di noi... è... stretto nella propria trappola. Avvinghiato. E nessuno riesce mai a liberarsene. E... mordiamo, e... e graffiamo ma... solo l'aria, solo il nostro vicino... e con tutti i nostri sforzi non ci spostiamo di un millimetro. Marion: A volte ci gettiamo deliberatamente nella trappola.

domenica 11 aprile 2010

Hiroshima mon amour

Hiroshima 1959: due amanti si avvinghiano l'uno all'altra, le mani di lei graffiano e trattengono il corpo di lui, mentre immagini della tragedia immane della città azzerata con la bomba atomica, si alternano al sudore della passione. Le loro voci su tutto, le dice “Tu non hai visto niente a Hiroshima: niente,...“, mentre lei risponde che ha visto,ha visto il museo, le fotografie, l'orrore, il calore, ma per lui non ha visto niente lo stesso. Una attrice francese e un architetto giapponese,non sappiamo i loro nomi, si sono amati per una notte, lei finisce un film e il giorno dopo ripartirà per sempre. Lui vorrebbe trattenerla, anche solo per poco, per poter vivere ancora questo amore. La donna dice no per tutto un giorno e una notte, perché sa che quello che vivono è già un ricordo, è passato, è oblio. Eppure i sensi risvegliati in questa città lontana,le fanno rivivere una se stessa diciottenne a Nevers, ragazza innamorata di un soldato tedesco, la passione, l'amore, la gioia e poi la sua morte,l'orrore, l'oltraggio dalla città con la rasatura dei capelli, la vergogna dei familiari che la segregano in cantina per settimane. La partenza per Parigi negli stessi giorni in cui Hiroshima veniva annientata. Ma in Francia, e nel resto del mondo,era il sospiro di sollievo per la fine della Guerra. Ormai le strade notturne giapponesi si mischiano a quelle diurne francesi,l'amante di oggi all'amante del passato. Su tutto la consapevolezza della fine, il bisogno di dimenticare e la necessità del ricordo. La vita rifluisce,il raccontare cose sepolte da anni, è rivivere. lei che guarda probabilmente per l'ultima volta il viso di quest'uomo, che con il tempo si sovrapporrà a quello di questi giorni in un luogo lontano: “ ti dimenticherò, ti ho già dimenticato “,ma smettendo di piangere e con una nuova luce negli occhi,“ Hiroschima è il tuo nome” lui la guarda dolcemente, come si guarda un rimpianto, ”Il mio nome è Hiroshima, il tuo nome è Nevers”. C'è una lentezza ipnotica in questo film, dialoghi letterari(la Duras) che si frammentano ad immagini modernissime miste di corpi e urbanistica, quasi un processo di assemblaggio tra ricordi,luoghi, persone,che diventano un tutt'uno nel tempo della memoria. Resnais e la nouvelle vague portano nuova linfa al modo di fare cinema, e in questo film s'inventa la tecnica dei flashback che giocando tra sbalzi temporali,creano eterni ritorni. Una storia qualunque può contenere la Storia, ma la sofferenza personale, supera la percezione del dolore per una tragedia collettiva, perché la sofferenza la si affronta sempre da soli.

LEI - Io ti incontro e mi ricordo di te. Chi sei tu?
Come avrei potuto sapere che il tuo corpo si adatta al mio?Tu mi piaci. Che avvenimento. Tu mi piaci.Che languore improvviso.Che dolcezza.Tu non puoi sapere.Tu mi uccidi.Tu mi fai del bene.

Sono stata giovane a Nevers , sono stata pazza a Nevers .....
È come l'intelligenza, la follia. Lo sai? Non si può spiegarla, proprio come l'intelligenza: ti viene addosso, ti riempie di sé, e allora la capisci. Ma quando t'abbandona, non la capisci più.

LUI - Sei come mille donne insieme.

lunedì 5 aprile 2010

L'albero dela vendetta

L'ex sceriffo Brigade sta portando un prigioniero a Santa Cruz. Sul cammino si aggregano Sam Boone e il suo complice, due mezzi banditi stufi di fare una vita ai margini e che mirano oltre che alla taglia, l'amnistia per chi cattura il pericoloso fuorilegge, e Carrie una giovane vedova in fuga dagli attacchi indiani.Giungono ad uno strano albero rinsecchito a forma di croce, lì lo sceriffo sta giocando una crudele partita a scacchi con il fratello del suo prigioniero,che anni prima proprio a quell'albero ha barbaramente ucciso sua moglie impiccandola. Uno scontro finale tra i due chiude la questione, resta da decidere a chi spetta la taglia, ma non ci sono altri scontri, Brigade lascia per Sam, che innamoratosi di Carrie vuole rifarsi una vita. Brigade resta solo davanti all'albero della vendetta ormai in fiamme che domina tutto il desolato paesaggio. Western tutto in esterni in cinemascope che in 70 minuti di essenzialità racconta il desiderio di pace, il bisogno di cambiare il proprio destino e l'ossessione che preclude ogni possibilità di vita, condannando il Cavaliere solitario all'inevitabile durezza di chi ha un solo scopo nel'esistenza, ed è uno scopo di morte, la vendetta per la moglie persa vince il desiderio per il domani con una nuova donna, una donna vera, tanto vera che come dice Boone “ L'uomo che lei deciderà di amare non conoscerà mai la solitudine “. E per confermarcelo Boetticher accarezza il suo corpo con la camera, da lontano, ammirandola e desiderandola nella sua presenza calda e viva.


Budd Boetticher - “ La violenza è come il sesso. Non è necessario mostrarla, perchè ciò che s'immagina è sempre meglio di ciò che viene esplicitato sullo schermo”-